Recensione a cura di Fabio S.
Ogni volta
che esce un nuovo album dei BRMC vado un po’ in ansia, perché sin dal 2001,
quando rimasi folgorato da “Whatever Happened to my Rock ‘n’ Roll”, ho
iniziato a seguirli senza mai abbandonarli, sviluppando una particolare
affezione per questa band. Gli ho persino perdonato il terribile esperimento
strumentale di The Effects of 666, ma vabè, una litigata in 12 anni ci
sta tutta. Ansia perché nonostante abbiano sviluppato un loro preciso suono,
le loro influenze sono così tante che ogni volta mi chiedo in che direzione
vada il loro nuovo lavoro. In sostanza è ansia di rimanere delusi, di essere
traditi. Ma basta un solo ascolto per liberarsi di ogni strano pensiero e di
rilassarsi, perché “Specter at the Feast” è assolutamente meraviglioso
Le premesse
c’erano tutte, perché a detta di Peter Hayes, quest’album nasce dalla loro
anima più profonda, citando come principale ispirazione Spiritualized e Pink
Floyd. Se si considera che la band è stata segnata dall’improvvisa morte di
Michael Been, ingegnere sonoro storico della band, nonché padre di Robert Been,
come non crederli.
Infatti,
quest’album presenta il suono caratteristico del gruppo, ma portato ad un
livello superiore di maturazione, profondità e intensità, o forse riporta,
perché ricorda più i primi due album che gli ultimi. Si inizia con Fire
Walker, traccia lunga e melodica, con il tipico basso distorto di Robert,
insomma, un marchio di fabbrica. Segue la vivace Let the Day Begin, il
loro omaggio alla scomparsa di Michael Been, dato che si tratta di una cover
della sua ex band, i The Call.
Con le due
tracce successive, Returning e Lullaby, si entra in modalità Pink
Floyd. Entrambe rappresentano al meglio il concetto di anima espresso dalla
band. La prima in particolare è sicuramente la traccia più triste, malinconica
e struggente dell’album, con un testo molto profondo; una canzone quasi
immacolata.
E’ tempo
però di mettersi la giacchetta di pelle e le converse, perché con le prossime
tre tracce si entra in zona punk/rock, come ci hanno sempre abituati. Hate
the Taste alterna strofe più lente a ritornelli vivaci e aggressivi. Rival
esalta invece la batteria di Leah Shapiro , che presenta infatti la ritmica più
originale dell’intero album. Teenage Disease è cattiva e arrabbiata, con
la cresta e le borchie, è la perfetta candidata a ereditare il testimone di
inno punk della band, direttamente da sua maestà Whatever Happened to my
Rock ‘n’ Roll. Yeah!!
Bene, vi
siete sfuriati abbastanza? Spero di sì, perché è tempo di sedersi e abbassare
le luci, perché Some Kind of Ghost rappresenta l’ennesimo marchio di
fabbrica del gruppo, questa volta in chiave blues/folk, lento e tranquillo. E
si procede con l’inno gospel dell’album, Sometimes the Light. Avevano
citato Spiritualized come fonte di ispirazione no? Bene, eccoli. Questo brano
non sfigurerebbe se venisse suonato durante una messa liturgica. Ma ci avevano
abituati anche a questo, quindi perché meravigliarsi.
Ci avviamo
verso la fine del disco, mancano tre tracce. Funny Games è carica di
effetti: basso distorto, chitarra con reverber e delay, voce con echo; preludio
perfetto al suono maledettamente grunge (oh si, goduria) di Sell It. Una
canzone lunga e sporca, che potrebbe tranquillamente essere inserita in una raccolta
di Seattle degli anni 90’. Ci piace, e tanto!
Ma ai BRMC
non piace chiudere facendo “caciara”, infatti via tutti gli effetti, si torna a
suoni puliti, a tonalità melodiche e malinconiche, che sfiorano il pop. Lose
Yourself è la lunga (quasi 9 min) ballad con cui si chiude alla grande
questo bellissimo album.
Conclusioni?
Nati nel 1998, al loro settimo album, i BRMC possono solamente dare conferme ai
loro fan. Partendo da tante e diverse influenze, sono sempre capaci di
sfruttarle al meglio, gestendole con grande capacità, intelligenza e maturità,
per dare vita al loro suono, che ormai è inconfondibile, e realizzare una
piccola gemma come questa. Ce n’é un po’ per tutti i gusti insomma:
alternative, punk, blues, folk, garage, psychedelic, gospel.... tutto
magistralmente amalgamato, che da vita ad un suono che sicuramente continuerà
ad ispirare tantissime band, come ha sempre fatto.
Che dire, I
just love Black Rebel Motorcycle Club.
Best Tracks: Returning, Teenage Disease, Sell It.
1) Fire walker 2) Let the day begin 3) Returning 4) Lullaby 5) Hate the Taste 6) Rival 7) Teenage disease 8) Some kind of ghost 9) Sometimes the light 10) Funny games 11) Sell it 12) Lose yourself
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