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sabato 13 dicembre 2008

Into the wild O.s.t. - Eddie Vedder - 2008

Una piccola gemma inaspettata.
E' questo il regalo che Eddie Vedder ha deciso di donare ai suoi che fans che da più d'un decennio ormai attendevano la sua opera prima da solista.
E bisogna dire che l'attesa è stata davvero premiata.

In realtà (forse per rispetto e considerazione per la sua band) il leader dei Pearl Jam ha scelto quale forma della sua prima "scappatina", quella della colonna sonora.
L'album infatti rappresenta la cornice musicale ideale dell'ultimo film di
Sean Penn (una scelta non casuale..) "Into the Wild" (a breve quì la recensione b.t.w.) osannato dalla critica e dal pubblico.
Un disco maledettamente breve (solo 33.09 min), ma denso e pieno di sapori come pochi ormai in questi anni di vera magra musicale.
Undici canzoni di sopraffina delicatezza rock. Una brezza leggera e fresca che solleva l'ascoltatore trasportandolo sulla spuma effervescente delle onde oceaniche care al nostro surfer californiano.
In questo rapido, ma intensissimo viaggio musicale Eddie sceglie uno stile minimale ed acustico del tutto congeniale al tipo di visioni e sensazioni che vuole indurre nell'ascoltatore: chitarra semi-acustica alternata al suo immancabile ukulele, un organetto per le atmosfere più rarefatte e trasognate ed una sezione ritmica leggera e discreta.
Il risultato finale rende appieno giustizia della scelta compiuta e.. (solo per dovere di cronaca e per i più ingordi).. ebbene sì! Si avvicina molto ai momenti più alti (in quanto a ballad acustiche) della discografia dei Pearl Jam (su tutte Off he goes e Thin air ) senza tuttavia rimanere vittima dell'ombra ingombrante della sua band e quindi conservando la sua autonoma (ed inconfondibile) cifra musicale.

Si parte con "Setting Forth un vibrante inno alla vita in cui il richiamo da cow boy del ritornello aiuta per qualche istante a fuggire da inutili preoccupazioni (Be it no concern) ed invita a continuare ad insistere nella propria personale ricerca dopo ogni caduta (This I will recall/Everytime I fall/Setting forth in the universe).
In "No Ceiling"Vedder chiede al suo fedele ukulele di accompagnarlo nel ricordo di antiche ferite di cui conserva ancora l'amaro ricordo sulla propria carne (Sure as I'm leaving/Sure as I'm sad/I'll keep this wisdom/In my flesh).
"Far Behind" è assieme al singolo "Hard Sun" ed alla chiusa finale "Guaranteed" la canzone migliore dell'album. Eccezione alla regola è una decisa ma non ingombrante chitarra elettrica che guida lungo tutto il brano la voce di Eddie a tratti decisamente arrabbiata ed in altri momenti quasi sospirata. Lo scopo è quello di abbandonare tutto dietro di sé ed inseguire la via tracciata dall'immenso e vasto (Dio?) sole (My shadow runs with me/underneath the Big Wide Sun/My shadow comes with me/as we leave it all/we leave it all Far Behind).
"Rise" è una classica ballad vedderiana con solo ukulele e voce a ricordarci che bisogna sempre rialzarsi (ancora cfr.) e far tesoro dei propri errori (Gonna rise up/Turning mistakes into gold).
Arriviamo così a "Long nights" una dolce e tristissima ninna nanna che mostra per un attimo un lato oscuro. Le lunghe notti che appaiono allo spegnersi delle luci, ci permettono infatti di liberare le nostre preoccupazioni nascoste e di abbandonarci a loro sicuri(Long nights allow me to feel.../I'm falling...I am falling/The lights go out/Let me feel/I'm falling/I am falling safely to the ground). Ma è solo un momento perché dentro di sé si ha la certezza di poter dimostrare di poter superare questa caduta (I've got this light/And the will to show/I will always be better than before). Le strumentali "Tuolumne" e "The Wolf" incastonano la bellissima "Hard Sun" non a caso unico singolo dell'album. Una stupenda dichiarazione d'amore (When I walk beside her i am the better man/when I look to leave her/I always stagger back again) che farebbe arrossire anche la più temeraria delle donne. E' quì che Eddie decide di esprimere al massimo il calore della sua voce per consegnare ai suoi ascoltatori un messaggio indelebile (ma anche interpretabile: there's a big/a big hard sun/beaten on the big people/in the big hard world).
"Society" rappresenta il manifesto del pensiero vedderiano (almeno in quest'album) e può essere riassunto tutto nel ritornello estremamente melanconico del brano:" credi di dover voler più di quanto hai bisogno e che finché non cel'avrai non potrai essere libero.Società, brutta razza, spero che non ti sentirai sola senza di me!" (You think you have to want/more than you need/until you have it all you won't be free/society, you're a crazy breed/I hope you're not lonely without me). Con "End of the road" le atmosfere si fanno più rarefatte. Si percepisce che il viaggio sta per terminare, ma un dolcissimo organo di sottofondo disegna come un alba boreale note tiepide e lunge che aleggiano fino alla fine del brano prima di immetterci nella chiusa capolavoro:"Guaranteed" . Una morbidissima e calda coperta che ci riscalda e non ci lascia soli fino alla fine dell'album.
E' l'ultimo regalo di questa stupenda colonna sonora una deliziosa ninna nanna da cantare davanti ad un fuoco invernale prima di addormentarsi.

Grazie (ancora) Eddie.

Voto:7,5 (per la breve durata, altrimenti 9)

CHANGELING - Clint Eastwood - Angelina Jolie, John Malkovch - 2008

Pare che questa pellicola sia stata completamente snobbata dalla critica estera in attesa del nuovo film di Eastwood "Gran Torino" in uscita a Gennaio.
Beh grave errore ( se così è stato).
Ormai abituati da Million dollar baby e comunque preparati a puntino da una trama premonitrice ("Los Angeles, 1928 in un quartiere operaio un ragazzino sparisce. Sua madre lo cerca disperatamente senza fortuna per mesi") non ci si poteva attendere un film riconciliante con la vita.
Ma anche questa volta il maestro Clint è stato capace di stupire.

In questa storia, peraltro vera,
Eastwood ci catapulta impetuosamente dentro la tragedia di una madre che, perso il figlio, dovrà scontrarsi con tenacia (conservando tuttavia un'eleganza e finezza d'altri tempi) con la rigidità e la chiusura mentale dell'epoca.
Siamo difatti a cavallo della crisi del venerdì nero, in un' America ancora distante da una reale e concreta affermazione dei diritti civili.
In questo contesto una ragazza-madre, sola, bisognosa di un aiuto vero e quindi disperata al punto da non essere disposta a cedere all'incompetenza ed al lassismo delle Autorità, rappresentava chiaramente un
serio problema .
Ma al contempo era anche un boccone fin troppo facile da divorare per una Polizia,
quale quella losangelina di quegli anni, che aveva diversi scheletri ingombranti da dover nascondere.
E' un crescendo lento ed inesorabile di sconforto,rabbia ed impotenza quello descritto che sfocerà però in un finale se vogliamo "giustizialista", ma per nulla accomodante.
Non ci sarà infatti l'happy-end da polpettone americano, ma solo la fine vera di una dramma realmente patito, che ha offerto alla protagonista solo parte della giustizia e della verità fin lì rincorsa.

Angelina Jolie, nela sua interpretazione, è deliziosa più che in passato.
Unisce ad un'eleganza ed una sensualità uniche, una discrezione pacata che le permettono di far convivere nel suo personaggio,
senza alcuno stridore, elementi di compostezza e di caparbietà assolute.
A condire questo film davvero meraviglioso c'è l'interpretazione perfetta di John Malcovich nei panni questa volta del reverendo
Gustav Briegleb, unico a credere nella donna e ad aiutarla poi, concretamente, ad uscire dal tunnel della disperazione.
Un vero capolavoro.


VOTO: 8,5

mercoledì 10 dicembre 2008

GOMORRA - Viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra - 2006

Inizio controtendenza.
Ho scelto questo libro perché è l'ultima "opera" in ordine di tempo che ho terminato e quindi la cosa più "fresca" da ..recensire.


Da tempo mi ero promesso di terminare questo libro di cui avevo divorato i primissimi capitoli in un pomeriggio estivo in riva al mare; non tanto per il clamore mediatico di cui ormai è vittima più che artefice, quanto per la novità dell'argomento trattato.
La Camorra non è certo un fenomeno nuovo, ma la prospettiva con cui viene analizzata e vivisezionata da Saviano getta una luce sconcertante su un mondo che, ai più, risulta sconosciuto.
E' il ritratto crudo di una terra trafitta ed ormai completamente in ginocchio per via di una guerra decennale: quella tra il proprio splendore e l'arretratezza economico-culturale cui deve far fronte.
Ma fin quì nulla di nuovo.
Il talento di Saviano è stato invece quello di mostrare al mondo quali possano essere le conseguenze della secolare indifferenza con cui questa tragedia si è consumata sotto gli occhi di tutti.
La narrazione si snocciola in diversi capitoli con storie separate tra loro che servono a tratteggiare con diverse prospettive il fenomeno camorristico.
Il punto di partenza e fil rouge della narrazione è l'esperienza dell'autore, originario di Casal di Principe e quindi cresciuto nella realtà camorristica.
Il suo occhio svela alcuni retroscena di una delle organizzazioni criminali più vaste del mondo.
Veri e propri imperi ecomici frutto di vessazioni e abusi aberranti, ma anche di abilità manageriali non comuni svendute all'illegalità.
Non deve sorprendere allora se ad Aberdeen (Scozia) sia presente una vera colonia di imprese campane perfettamente legali, ma sostenute da un flusso incessante di denaro sporco proveniente
dall'Italia. E' uno studio interessantissimo quello svolto da Saviano che si addentra anche nella psicologia perversa di questi uomini persi.
Ecco allora il racconto di alcuni delle manie più curiose e forse anche comprensibili di questi boss: sembra infatti facile,
nel bel mezzo di anonime periferie casertane, imbattersi in enormi ville corazzate (ora sequestrate) costruite con in mente le ville hollywoodiane. Ma attenzione, non sono copie perfette delle tenute dei grandi artisti americani, ma di quelle dei grandi personaggi mafiosi della storia del cinema holliwoodiano. Non è un caso quindi che la casa di Tony Montana, il protagonista di "Scarface" capolavoro di Oliver Stone, sia stata scelta da uno dei più noti boss casalesi per essere oggetto di... plagio.

Numerosi sono i racconti
che compongo questo libro
coperti a tratti anche da un amaro quanto salutare senso dell'ironia che aiuta a digerire i passi più duri del libro.
La violenza, il sopruso e lo sconforto sono le linee guida della narrazione, ma non per scelta quanto per dovere di cronaca.
Oggi,
in Italia, questa è una lettura fondamentale di educazione alla civiltà.
L'unico vero appunto che può muoversi al libro è sulla leggibilità.
La materia di certo non aiuta, ma in alcuni punti, forse per un eccesso di amarezza personale, la narrazione perde un pò del mordente che invece la contraddistingue nei momenti migliori.

Una lettura quindi non semplice, ma certamente doverosa.

Voto: 8