Ho
un simpatico ricordo legato ai Soundgarden.
Era
il 1998. Avevo raggranellato dei soldi con un lavoretto estivo ed era mia intenzione spenderne una buona parte esclusivamente per me. In fondo me l’ero meritato.
Scelsi
di dare sfogo alla mia passione musicale e quindi decisi di comprare
alcuni Cd, ma all’epoca non avevo assolutamente le idee chiare
(adesso forse un pò in più..beh..neanche poi tanto ;-) ).
Era
mio desiderio però prendere dei capisaldi del Rock, o almeno così
avevo sentito dire che fossero.
La
mia scelta cadde su 3 esempi di generi diversi: il Punk con il
primo ed omonimo album dei “The Clash”; l’hard rock con
il doppio ed epico “Made in Japan” dei Deep Purple.
Ma
con ultimo, ero davvero indeciso.
Beh
sì insomma all’epoca non c’era granché modo di informarsi se
non con il passaparola o spendendo altro denaro in riviste
specializzate.
E
soprattutto, a parte copie piratate, non c’era assolutamente modo
di fare un ascolto di prova (di radio rock dalle mie parti non
c’era/è neanche l’ombra) tanto che per me fu un vero e proprio
fulmine a ciel sereno scoprire successivamente che in “città”,
presso i grandi rivenditori musicali, era possibile avere
liberamente delle brevi preview dagli album!
Volevo
qualcosa di fresco, di una band relativamente nuova, che però già
aveva “segnato la strada”.
Tra
i pochi CD in vendita vidi la conturbante ed oscura copertina di
questa band di cui avevo sentito parlare, ma di cui sapevo ben poco.
Era
“Down on the upside”
dei Soundgarden.
Beh,
come avrete intuito mi andò davvero bene.
Mi abbeverai della musica profusa da quegli album per tutti gli anni a seguire, fino a consumarli letteralmente ed a non poterne davvero più.
Mi abbeverai della musica profusa da quegli album per tutti gli anni a seguire, fino a consumarli letteralmente ed a non poterne davvero più.
Con
i Soundgarden, però, fu davvero amore a prima vista.
Era
un album particolare quello. Con suoni per me nuovi (grunge?). Dolce
ed aggressivo allo stesso tempo, insomma, il massimo!
Ed
ora veniamo a noi.
Sedici
anni dopo l’uscita di quel CD (io lo comprai due anni dopo..) i
Soundgarden hanno dato alle stampe il suo successore “King
Animal”.
Di
acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta e tutti i componenti
(chi più chi meno) hanno avuto grandi e tante esperienze diverse
(es. Audioslave e Pearl Jam su tutti).
Io
poi non sono prevenuto sulle reunion.
Anzi, abitualmente mi piacciono
molto perché offrono la possibilità di vedere come evolve il sound
di una band, di ascoltare qualcosa di nuovo da musicisti che si è
amato, oltre che naturalmente, per la possibilità di vederli dal
vivo.
I
Soundgarden poi, sono tra le poche band che hanno conservato quasi
dall’inizio la line-up originale.
Insomma le premesse c’erano tutte.
Insomma le premesse c’erano tutte.
E
qual è il risultato finale? Beh mi costa davvero molto dirlo (anche
perché in fondo a me piacciono sempre e comunque), ma King
Animal non è un album indimenticabile.
Lo
si ascolta però con grandissimo piacere.
La
voce di Chris (Cornell) non è paragonabile a quella
degli esordi, ma resta comunque il miglior cantante rock in
circolazione.
E’ evidente poi la sua mano compositiva dietro i pezzi più
significativi dell’album, tra cui spicca sicuramente la bellissima
ballad “Bones of Birds”.
Il
sound, specie di Kim Thayil alla chitarra, ci riporta poi
direttamente a quel 1996.
Proprio
come se non fosse passato tutto questo tempo. E lo si può apprezzare
in particolare negli assoli e stacchi di “By
crooked steps” o nel riff
indianeggiante di “A Thousand
days before”.
La
sezione ritmica infine, è davvero in grandissimo spolvero.
Matt Cameron
sembra il fratello ringiovanito di quello che siede dietro le pelli nei Pearl Jam. Ci sono idee e tempi davvero curiosi che meritano di
essere approfonditi in quasi tutti i brani.
Ben
Shepherd poi, oltre a conservare sempre il suo mood da biker incazzato, propone spunti assolutamente degni di nota (vedi es. il riff portante
dell’ultima traccia blueseggiante – Rowing).
E allora, vi
chiederete, cosa c’è che non va? Ti è piaciuto praticamente
tutto!
Lo so. Ma la verità è che purtroppo dai
Soundgarden ci si aspetta sempre qualcosa in più.
Qualcosa che, come in quell’ormai lontano 1996 “segni” di nuovo la strada per l’avvenire di questo rock (un bel po’) malconcio.
Qualcosa che, come in quell’ormai lontano 1996 “segni” di nuovo la strada per l’avvenire di questo rock (un bel po’) malconcio.
E King animal
non ha la caratura per esser ricordato come tale.
A parte By
crooked steps e Bones of Birds infatti, è
difficile che altri brani passino alla storia o che vengano
semplicemente ricordati nei prossimi anni. Di sicuro questo è un album dei
Soundgarden. Il tracciato è il medesimo. Il sound anche. E le
sensazioni che è capace di trasmettere sono (per me fan) davvero
positive.
Ma io preferisco
considerarlo come il nuovo capitolo di una storia che ricomincia.
Un nuovo inizio insomma.
E come tutti gli inizi, si perdonano anche piccoli errori e (soprattutto) si spera nel futuro.
In ogni caso, è innegabile l'immenso piacere che si prova nel sentir ruggire di nuovo i maestri di Seattle.
E come tutti gli inizi, si perdonano anche piccoli errori e (soprattutto) si spera nel futuro.
In ogni caso, è innegabile l'immenso piacere che si prova nel sentir ruggire di nuovo i maestri di Seattle.
Alla prossima ragazzi e.. mi raccomando.. ;-)
Voto: 6,5
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